Coronavirus Covid 19, al "Don Baronio" le visite si fanno via Whatsapp

“Cerchiamo di vivere nella normalità una situazione d’emergenza. E’ importante per noi avere serenità in chi lavora qui per trasmetterla a chi qui ci vive”. Così chiarisce subito Luca Brasini, il direttore della Fondazione Opera don Baronio onlus, una vera e propria istituzione a Cesena, molto stimata. Nella casa-residenza gli ospiti sono 99 (tra cui sette sacerdoti) a cui si devono aggiungere i 25 che frequentano il centro diurno. Accanto alla struttura principale ci sono 31 appartamenti, mono o bilocali, in cui abitano oltre una quarantina di persone autosufficienti che si appoggiano alla casa di riposo, in particolare per i pasti.

La visita di questa mattina, nel pieno dell’emergenza Coronvirus, ha un sapore particolare. Il telefono del direttore squilla in continuazione. “L’unica cosa che so per certo, ogni mattina quando arrivo qui in ufficio – aggiunge Brasini, classe 1972, due lauree, una in pedagogia e una in sociologia – è che il programma che ho in testa salta di sicuro. Per noi questa è la normalità”.

Ora, con la crisi dovuta al Covid 19 la prospettiva della casa di riposo è cambiata del tutto. “Prima qui venivano tutti – prosegue il direttore che tiene nello studio una sua foto incorniciata in compagnia di una sua “morosa”, come lui definisce un’ospite di lungo corso – e le nostre porte erano sempre aperte a ogni tipo di esperienza e di volontari. Oggi con il virus che incombe abbiamo dovuto cambiare prospettiva”.

Allora si sono inventati i collegamenti grazie a Whatsapp con i familiari a cui ora è precluso ogni visita. Gli smartphone però per tanti hanno lo schermo troppo piccolo. Proprio oggi è stato montato un nuovissimo monitor dai tanti pollici per fare le videochiamate con le famiglie. Quella strumentazione che fa parte del progetto sostenuto anche da diversi Rotary club (tra cui quello di Cesena) in favore dei malati di Alzheimer.

“In questo momento tutto è fermo – prosegue Brasini che dirige la struttura dal dicembre 2014 – mentre noi siamo abituati ad avere tanta gente che gira qui. Di solito abbiamo sei volontari e una decina di tirocinanti proposti da enti formativi. Sempre qui si possono svolgere i percorsi di qualifica per Oss e per infermieri. Ma non si può fare diversamente. Se entra qui… (il direttore non cita il Coronavirus) è un macello. Purtroppo in questi giorni stiamo dicendo a chi ci conosce l’esatto opposto rispetto a ciò che appartiene alla nostra storia. Noi siamo sempre stati per l’apertura a tutti e alla città”.

E prosegue per fare intendere meglio. “Qui al don Baronio non ci sono orari per le visite. I familiari, per favorire le relazioni cui noi teniamo molto, possono entrare a tutte le ore. Per noi costituiscono una risorsa. Ecco perché per noi adesso si tratta di avviare una sorta di rivoluzione copernicana. Stiamo rovesciando le nostre abitudini, ma la priorità è mettere in sicurezza i nostri ospiti. Ora siamo noi che andiamo fuori”.

Intanto all’esterno si possono notare lavori di ampliamento della struttura. “Coronavirus permettendo, la loro inaugurazione si dovrebbe svolgere il 9 maggio – dice ancora il direttore -. Avremo un nuovo teatro, una nuova sala thè e una sala riunioni, oltre alla nuova chiesa in cui sarà meglio valorizzato il nostro fondatore, il canonico don Carlo Baronio. Il santo sacerdote a cui dobbiamo tutto questo”.