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Ilario Fioravanti a Bologna: Epifanie del dolore e della gioia

Si tratta di uno tra gli artisti più significativi e originali del Novecento italiano: intellettuale e architetto innovativo, dotato di una creatività mai scontata, ma pur sempre volgendo uno sguardo alla tradizione dei grandi maestri

Foto Matteo Venturi

«Ha Fioravanti della vita, un sentimento così terragneamente, così pienamente, così irreparabilmente cristiano… da lasciare oggi come oggi interdetti» scriveva nel 1989 Giovanni Testori (Milano 1923 – 1993), suo mentore – critico, scrittore e drammaturgo – in merito alle straordinarie opere dell’artista-architetto cesenate Ilario Fioravanti (Cesena 25 settembre 1922 – Savignano sul Rubicone 29 gennaio 2012). Oggi, come allora, le sue realizzazioni sembrano evocare lo stesso sentito riscontro: «Ci vuole il vangelo in mano per capire pienamente l’intensità del dialogo muto che la terracotta comunica a chi ha l’occasione di poter guardare le sculture plasmate da Ilario Fioravanti» scrive, invece, il vicario generale dell'arcidiocesi di Bologna, monsignor Stefano Ottani che è anche vicario per la sinodalità e presidente dell’associazione “Arte e Fede”, il 23 marzo 2023.

 

Ilario Fioravanti. Epifanie del dolore e della gioia è il titolo della mostra in corso a Santa Maria della Vita (in Via Clavature, 8, Bologna) inaugurata il 30 marzo e aperta a pubblico fino al 25 settembre. Essa è parte del più ampio progetto 1922~2022 “Fioravanti 100!” – ideato dalla società di servizi culturali & progetti espositivi Il Vicolo che dallo scorso anno ne celebra, con un calendario fitto di eventi, il Centenario della nascita. La mostra è frutto della collaborazione tra Genus Bononiae e Il Vicolo - Sezione Arte di Cesena, ed è curata dall’architetto Marisa Zattini, conoscitrice appassionata delle opere dell’artista cesenate e fondatrice de Il Vicolo (1989) insieme all’architetto Augusto Pompili.

 

La scelta della location risulta essere tutt’altro che casuale. La Chiesa di Santa Maria della Vita, infatti, ospita anche il Compianto sul Cristo morto realizzato nel 1463 da Niccolò dell’Arca, dando vita così a un dialogo proficuo fra antico e contemporaneo con il capolavoro di Ilario Fioravanti. Il Compianto di quest’ultimo, abitualmente esposto nell'oratorio di San Giuseppe, a Longiano, è solo uno delle tre opere che egli plasmò nel corso della sua carriera. A Bologna è esposto quello più “tradizionale” realizzato dall’artista nel 1985.  Quello “laico” delle Putaske (1997-2008) ossia delle donne di strada che nella rappresentazione sacra circondano la figura del Cristo morto, è ora esposto, temporaneamente, a Faenza nella chiesa di Santa Maria dell’Angelo. Il terzo è dedicato alle Maddalene, disposte a emiciclo intorno al Cristo modellato nell’estate del 2007. Tre gruppi scultorei differenti che esplicitano pienamente la poetica dello scultore Ilario Fioravanti, la sua attenzione per i diseredati e per i peccatori.

L’allestimento della mostra è stato curato dall’architetto Augusto Pompili. A introdurre il visitatore nella prima sala posta al primo piano – alla quale si accede mediante una scalinata prestigiosa – è l’opera Il bacio di Giuda (1995), che precede la grande tavola autografa dell’artista con appunti sulle Stazioni della Via Crucis (1982), opera inedita. Le formelle, tutte monocotture, sono state realizzate in terracotta ingobbiata e incisa, e provengono dalla collezione del vescovo di Cesena-Sarsina Douglas Regattieri. A completare l’atmosfera rarefatta e intensa è La Veronica (1989), congiuntamente alle due gigantografie dei disegni tratti dai diari dell’artista che anticipano la scena del Compianto.

La seconda sezione espositiva è allestita nella sala dell’oratorio. Qui si è accolti da Il miracolo del pane e dei pesci (2003) dove è la figura di Cristo che ci accoglie. Sulla diagonale opposta si trova Effeta (2003) che immortala Gesù nell’atto di curare un infermo. Entrambe le opere sono poste lateralmente – come cornice anticipatoria – all’intenso episodio catartico che caratterizza il Compianto (1985), congiuntamente alle quattro Maddalene (1982), astanti. Al di sopra della scena, regna l’opera cinquecentesca di Alfonso Lombardi: Transito della Vergine (1519 - 1522) che, nella sua totalità, Marisa Zattini ha definito «Un impatto emozionale di rara intensità dove passato e presente entrano in dialogo e le ierofanie, in cui il tema terreno e quello spirituale, l'umano e il divino si incontrano nella realtà del sacro che irrompe».

Ilario Fioravanti è indubbiamente uno tra gli artisti più significativi e originali del Novecento italiano: intellettuale e architetto innovativo, dotato di una creatività mai scontata, ma pur sempre volgendo uno sguardo alla tradizione dei grandi maestri. Quella ricreata dall’artista, con il suo Compianto, è un’atmosfera ricca di colori e di figure, in grado di toccare le corde più profonde dell’anima e della spiritualità di chiunque le ammiri. Qui, il dolore incarnato dalla figura di Maria Vergine è contenuto, ogni disperazione è racchiusa nel suo intimo: lei è cosciente del fatto che suo figlio deve morire per poi risorgere «per una promessa di profonda gioia» come scrive la Zattini. La scena è statica, immersa di una contemplata meditatio, carica di riflessione e preludio della gioia della futura Risurrezione. Nei volti delle figure che circondano il corpo deposto di Cristo traspare smarrimento e profondo, tacito sgomento. Il Compianto di Ilario Fioravanti si lega idealmente a quello di Niccolò dell’Arca, ospitato nell’adiacente Chiesa. Qui il sentimento del dolore diventa totalizzante, universale, tanto da essere ‘urlato’: la disperazione delle figure rappresentate attorno al Cristo morto il loro sgomento, è reso esplicito come nelle più intense ‘lamentazioni’ che vedono braccia sbraitanti, bocche spalancate, vesti mosse dal vento. Lo spettacolo messo in scena da Ilario Fioravanti vive, invece, nello spazio del silenzio: le figure stanno fisse nella loro verticalità, le bocche chiuse, gli occhi spalancati e volti densi di dolore. La tecnica costruttiva utilizzata per la realizzazione dei singoli personaggi – quella “dei vasi” – è tale da incastrare in maniera perfetta ogni singolo pezzo, l’uno nell’altro, imponendo il rigore dell’equilibrio in un perfetto rapporto di simmetrie.

«Ilario Fioravanti, nella sua semplice ma eccezionale verità dà forma, come un grande maestro, agli anfratti della vita modellando attraverso la sua profonda sensibilità il tempo, le passioni, l’anima dell’uomo, delle cose e degli eventi che accadono, elevandoli spiritualmente ma pur sempre rimanendo fedele e saldo alla terra, a ciò che è profondamente universale e umano» come afferma la curatrice.

 

Il catalogo che completa e accompagna la mostra (bilingue, pagg 112, edito da Il Vicolo – Editore, Cesena, cod. ISBN 88-85440-75-4, Euro 30), documenta con un ricco repertorio di immagini a firma di Andrea Samaritani (Cento di Ferrara 1962 - 2020) entrambi i Compianti, di Niccolò dell’Arca e di Fioravanti. Si tratta di fotografie di rara intensità emotiva che contribuiscono ad aggiungere bellezza all’opera scultorea. Un ampio apparato di testi critici e le fotografie della mostra in corso, a firma dell’architetto-fotografo Gian Paolo Senni, arricchiscono il volume.

 

La mostra è visitabile fino al prossimo 25 settembre, dalle 10 alle 19 (chiuso il lunedì). Ingresso a 7 euro - Biglietto ridotto a 5 euro. Studenti fino ai 26 a 3 euro.

Info: 051 19936329. Per ulteriori informazioni visita il sito di Genus Bononiae: www.genusbononiae.it

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Ilario Fioravanti a Bologna: Epifanie del dolore e della gioia
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