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Cesenati ad Harvard: "Non siamo cervelli in fuga. Abbiamo voglia di esplorare"

I giovani sposi Enrico Fiori e Francesca Miserocchi, dopo il Righi e la Bocconi, vivono a Boston

Enrico Fiori e Francesca Miserocchi

Expat, una categoria che si allarga sempre più, pure tra i giovani cesenati più brillanti. È il caso anche di Francesca Miserocchi ed Enrico Fiori, entrambi con la maturità al “Righi” e lauree in Economia alla “Bocconi” di Milano. Da un anno e mezzo si trovano a Boston, negli Usa. Li abbiamo contattati via email.

Ragazzi, ci raccontate come e perché è nata questa vostra nuova vita americana?

La ragione che ci ha portati a Boston è il dottorato di ricerca di Francesca in economia, ad Harvard, iniziato a settembre 2018. Dopo un primo periodo di assestamento, quando Enrico lavorava ancora a Milano, e considerato l’arrivo della pandemia, circa un anno e mezzo fa siamo riusciti a trasferirci insieme a Boston.

Come e perché avete deciso di accettare questa sfida?

Quella del dottorato era sicuramente una grande opportunità per Francesca, ma il nostro desiderio di viaggiare e continuare a scoprire e un’esperienza di scambio fatta alle scuole superiori da Enrico, che ha prodotto rapporti importanti negli Stati Uniti ad oggi molto vivi davano una bella dimensione di coppia a questo movimento.

Cosa significa accettare un dottorato in una delle migliori università del mondo e quali sacrifici avete dovuto affrontare? Rinunce e opportunità?

Accettare un dottorato in una delle migliori università al mondo significa tante cose insieme. Prima di tutto un’opportunità grande di potersi confrontare con persone che hanno grande passione per ciò che fanno, e che hanno tanto da insegnare su come fare ricerca con dedizione. Significa imparare ad apprezzare il modo in cui molti professori trattano con rispetto, grande senso del giusto, e in ultimo da pari noi studenti, fuori da eccessivi formalismi e gerarchie. Un contesto competitivo ha chiaramente anche molti limiti: la sfida grande è quella di rimanere bilanciati, saper dare il giusto peso al lavoro che si fa, senza lasciarsi assorbire completamente, e continuare a scegliere un equilibrio e una gioia quotidiana. In questo, essere insieme ci dà grande forza.

Quali sono i vostri progetti futuri? Una famiglia negli States, per sempre?

Questa è una domanda grande che è al centro di tante nostre conversazioni quotidiane. Francesca finirà il proprio dottorato tra 12 mesi e il mercato del lavoro accademico (per diventare professore universitario) è difficilmente prevedibile. Perciò non abbiamo sicurezze sul nostro futuro a livello geografico. La cosa che ci dà gioia è che andiamo verso questo futuro insieme. Il nostro desiderio è quello di continuare a essere in movimento, o geografico o col nostro modo di vivere.

È rimasto vivo il legame con le famiglie a casa e gli amici?

Abbiamo un forte legame con le nostre famiglie e con i nostri amici in Romagna. La pandemia ci ha dato la possibilità di vivere in Romagna per un po’ dopo esserci sposati nel 2020. Quel tempo, insieme alle occasioni di rientro che abbiamo, ci hanno dato la possibilità di costruire rapporti con persone a cui vogliamo molto bene e che restano parti belle e attive della nostra vita.

Vi sentite cervelli in fuga? Cosa avete trovato negli Usa?

Non siamo cervelli in fuga perché non stiamo scappando. Stiamo cercando ed esplorando, che è un privilegio grandissimo. Negli Stati Uniti abbiamo trovato meno rigidità e meno gerarchie, un po’ più di voglia di sognare, ma anche una società più ingiusta e piena di contraddizioni.

Avete fatto comunità con altri italiani? In parrocchia?

Sì, abbiamo tanti amici italiani a Boston, soprattutto persone che fanno dottorati di ricerca o che lavorano con le università, ma anche italiani emigrati negli anni ’70. Frequentiamo una Messa tenuta dai gesuiti che gestiscono il Boston College, in continuità con esperienze che abbiamo fatto e facciamo in Italia. Siamo in movimento e in ricerca anche su come e dove vivere la nostra fede.

Che consigli dareste ai ragazzi più giovani di voi?

Domanda sempre difficile e spinosa. Forse una risposta potrebbe essere quella di individuare i desideri che portano con sé speranza, gioia, apertura. Questi desideri sono il motore. Una volta individuati, cercare di seguirli con coraggio.

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