Liberazione di Cesena, un ricordo a pochi giorni dal 74esimo anniversario
20 ottobre. Cesena è convocata per la festa della “liberazione” dal nazifascismo. Una riflessione di don Piero Altieri, che richiama il celebre diario di don Leo Bagnoli e il discorso del papa in visita a Cesena lo scorso anno.
20 ottobre. Cesena è convocata per la festa della “liberazione”. Trascrivo dal diario di don Leo Bagnoli alcune note da lui registrate in presa diretta. Possano essere utili per le nuove generazioni!
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Don Leo Bagnoli – “Gli anni difficili del passaggio del fronte a Cesena”
Le truppe della VIII armata si stanno avvicinando: 19 ottobre 1944.
Il vescovo Beniamino Socche è riuscito a mettersi in contatto con il comandante del Genio Guastatori tedesco, onde scongiurarlo di far togliere le mine al centro della città. Trattasi di un giovane capitano, già professore di Storia dell’Arte presso l’Università di Lipsia. È stato gentile e comprensivo al massimo ed è venuto personalmente dal Vescovo. S’è detto anche lui controllato severamente dalle S.S. della retroguardia, ed ha apertamente, con grande abilità, deprecato la guerra. Ha promesso tuttavia di diminuire il potenziale dell’esplosivo per non arrecare eccessivi danni e togliere le mine da qualche punto della città.
Nella zona del Seminario questa notte le granate inglesi sono letteralmente piovute a centinaia e centinaia. Una ragione è stata data dalla presenza di carri armati tedeschi che, appostati fra le case, sparavano. (…)
Stamattina in Duomo una brutta sorpresa: un gruppo di radiotelegrafisti tedeschi, laceri, abbruttiti dal sonno e dalla fatica, comandati da un tenente, volevano per sole tre ore collocarsi nel campanile, con i loro apparecchi trasmittenti. Tutti allora ci siamo dati a scongiurarli di collocarsi altrove, perché questo vorrebbe significare la distruzione della Cattedrale e della città. Anche il Vescovo è intervenuto a pregarli caldamente. (…)
Ieri sera gli inglesi erano ai “Gessi”. (…)
Un po’ di tregua al momento che scrivo (9,15). C’è da stanotte uno strano aereo che gironzola solitario in alto e raffiche di mitraglia si odono vicinissime. (…)
Ore 9,45. Tre tremende esplosioni; sono mine che esplodono. (…)
Ore 10,15. Altra tremenda esplosione, molto più formidabile delle altre. Le case hanno sobbalzato; si vede un fumo nero vicino al Duomo; forse è un’altra mina destinata a demolire palazzi.
Ore 10,45. Ancora un’esplosione di incredibile violenza. Qui in Seminario rimaniamo tutti avvolti nel fumo; anche la Cattedrale è quasi invisibile. È certamente una mina. Qualche ferito ricorre alla Croce Rossa; non c’è nessuno. Vengono curati alla meglio dal cappellano del Duomo don Tonti e da don Novelli in panconi della sacrestia del Duomo.
20 ottobre 1944
Stanotte abbastanza calma. All’alba la città è in silenzio come un cimitero. Appena alzato e messo il naso fuori del sotterraneo: una magnifica giornata d’ottobre. Apparecchi in alto. Le prime voci esultanti: “Gli inglesi sono a Porta Santi, a Porta Santa Maria!..”. La gente sciama curiosando. Ecco infatti: battimani ed evviva specialmente di donne, echeggiano per la città.
Carri armati possenti, che rumoreggiano. Vado ad affacciarmi alla finestra della casa del sacrista in corso Garibaldi vicino all’abside del Duomo. Prima un’automobile, con alcuni ufficiali, poi un carro armato mastodontico, poi fanterie inglesi appiedate. Rasentano i muri adagio, molto cauti, con i fucili mitragliatori in mano. Prendono posizioni sotto i portici, guardano le finestre freddi, di fronte alle festosissime accoglienze della popolazione. Poi altri carri armati con la torretta scoperta. Hanno i fiori sui fanali. (…) Entusiasmo fra i cesenati. (…) Un cittadino, con una bottiglia in mano, distribuisce bicchieri di vino, che i soldati accettano. Giovani romagnoli con un bracciale rosso, bianco e verde, in borghese, si danno da fare a tener l’ordine. Sono i giovani dei partiti d’azione (partigiani della Brigata Garibaldina, ndr), che vengono fuori e collaborano (mi si dice che alcuni erano armati di pistola; dai “liberatori” sono stati però invitati a consegnarle). Anche i pompieri in divisa, guardie municipali e altra gente con bracciali, si danno da fare. La gente ha invaso le strade. I giovani comunisti distribuiscono manifestini.
Alle 8,30 cominciano le granate tedesche (i tedeschi si sono ritirati durante la notte, attestandosi oltre il Savio, ndr) e la gente si riprende, tornando alle proprie case, dopo aver dato uno sguardo sommario, ai danni ricevuti in questi ultimi giorni. Sulle 9, altre e ingenti formazioni di apparecchi anglo-americani sul cielo. (…)
Da stamattina, sul tardi, dal balcone del Palazzo Municipale, sventolano tre bandiere: quella inglese, l’americana e l’italiana!
Bisogna essere molto prudenti a girare, perché, all’impazzata arrivano, di tanto in tanto, granate tedesche. Più volte arrivano in forma di pioggia, perché il cannone-razzo tedesco è ora ai nostri danni. Per Cesena c’è, nonostante tutto, animazione insolita, agli angoli qua e là. In molto edifici sono esposte bandiere. Gruppi di soldati inglesi girano per le case a cercare alloggi, con maniere molto gentili. (…)
È giunta notizia che Cesenatico è stata definitivamente conquistate alle 11,30 di stamane. Alcuni cesenati ne hanno portato la notizia. Uno di costoro ha confermata la notizia, già sparsasi, della morte, in seguito a una scheggia, di quell’eroico parroco don Lazzaro Urbini, mentre all’ospedale, con alcune suore, si trovava tra i degenti.
Il primo manifesto è apparso oggi in città, a firma del Comitato di Liberazione e invita i cittadini ad accogliere i liberatori.
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Ai lettori, giovani e anziani, l’invito a rileggere questa note di cronaca per poi riflettere sulle vicende, ancora una volta tormentate, che hanno condotto i nostri padri a dare sviluppo alle riconquistate libertà democratiche fino alla redazione della Carta Costituzionale, a quei “Principi fondamentali” che devono rimanere, appunto, a fondamento del nostro impegno politico, pur nelle necessarie riforme che devono meglio articolare i lavori del Parlamento e le capacità operative del governo.
Guardandoci attorno, oggi! quanto rimangono lontani, non solo nel calendario, le passioni politiche di quei giorni. Riprendo in mano il prezioso volume “Papa Francesco a Cesena” e rileggo alcune frasi che il pontefice ha detto ai cesenati accorsi in piazza del Popolo la mattina dell’1 ottobre 2017.
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Dal discorso del papa a Cesena
Questa piazza, come tutte le altre piazze d’Italia, richiama la necessità, per la vita della comunità, della buona politica; non di quella asservita alle ambizioni individuali o alla prepotenza di fazioni o centri di interessi. Una politica che non sia né serva né padrona, ma amica e collaboratrice; non paurosa o avventata, ma responsabile e quindi coraggiosa e prudente nello stesso tempo; che faccia crescere il coinvolgimento delle persone, la loro progressiva inclusione e partecipazione; che non lasci ai margini alcune categorie, che non saccheggi e inquini le risorse naturali – esse infatti non sono un pozzo senza fondo, ma un tesoro donatoci da Dio perché lo usiamo con rispetto e intelligenza. Una politica che sappia armonizzare le legittime aspirazioni dei singoli e dei gruppi tenendo il timone ben saldo sull’interesse dell’intera cittadinanza.
Questo è il volto autentico della politica e la sua ragion d’essere: un servizio inestimabile al bene all’intera collettività. E questo è il motivo per cui la dottrina sociale della Chiesa la considera una nobile forma di carità. Invito perciò giovani e meno giovani a prepararsi adeguatamente e impegnarsi personalmente in questo campo, assumendo fin dall’inizio la prospettiva del bene comune e respingendo ogni anche minima forma di corruzione. La corruzione è il tarlo della vocazione politica. La corruzione non lascia crescere la civiltà. (…)
Da questa piazza vi invito a considerare la nobiltà dell’agire politico in nome e a favore del popolo, che si riconosce in una storia e in valori condivisi e chiede tranquillità di vita e sviluppo ordinato. Vi invito a esigere dai protagonisti della vita pubblica coerenza d’impegno, preparazione, rettitudine morale, capacità d’iniziativa, longanimità, pazienza e forza d’animo nell’affrontare le sfide di oggi, senza tuttavia pretendere un’impossibile perfezione.
E quando il politico sbaglia, abbia la grandezza d’animo di dire: ‘Ho sbagliato, scusatemi, andiamo avanti’. E questo è nobile! Le vicende umane e storiche e la complessità dei problemi non permettono di risolvere tutto e subito. La bacchetta magica non funziona in politica. Un sano realismo sa che anche la migliore classe dirigente non può risolvere in un baleno tutte le questioni. Per rendersene conto basta provare ad agire di persona invece di limitarsi a osservare e criticare dal balcone l’operato degli altri. E questo è un difetto, quando le critiche non sono costruttive. Se il politico sbaglia, vai a dirglielo, ci sono tanti modi di dirlo: “Ma, credo che questo andrebbe meglio così, così…”. Attraverso la stampa, la radio… Ma dirlo costruttivamente. E non guardare dal balcone, osservarla dal balcone aspettando che lui fallisca. No, questo non costruisce la civiltà. Si troverà in tal modo la forza di assumersi le responsabilità che ci competono, comprendendo al tempo stesso che, pur con l’aiuto di Dio e la collaborazione degli uomini, accadrà comunque di commettere degli sbagli. Tutti sbagliamo. “Scusatemi, ho sbagliato. Riprendo la strada giusta e vado avanti”.
Cari fratelli e sorelle, questa città, come tutta la Romagna, è stata tradizionalmente terra di accese passioni politiche. Vorrei dire a voi e a tutti: riscoprite anche per l’oggi il valore di questa dimensione essenziale della convivenza civile date il vostro contributo, pronti a far prevalere il bene del tutto su quello di una parte; pronti a riconoscere che ogni idea va verificata e rimodellata nel confronto con la realtà; pronti a riconoscere che è fondamentale avviare iniziative suscitando ampie collaborazioni più che puntare all’occupazione dei posti. Siate esigenti con voi stessi e con gli altri, sapendo che l’impegno coscienzioso preceduto da un’idonea preparazione darà il suo frutto e farà crescere il bene e persino la felicità delle persone. Ascoltate tutti, tutti hanno diritto di far sentire la loro voce, ma specialmente ascoltate i giovani e gli anziani. I giovani, perché hanno la forza di portare avanti le cose; e gli anziani, perché hanno la saggezza della vita, e hanno l’autorità di dire ai giovani – anche ai giovani politici - : “Guarda ragazzo, ragazza, su questo sbagli, prendi quell’altra strada, pensaci”. Questo rapporto fra anziani e giovani e è un tesoro che noi dobbiamo ripristinare. Oggi è l’ora dei giovani? Sì, a metà: è anche l’ora degli anziani. Oggi è l’ora in politica del dialogo fra i giovani e gli anziani. Per favore, andate su questa strada!
La politica è sembrata in questi anni a volte ritrarsi di fronte all’aggressività e alla pervasività di altre forme di potere, come quella finanziaria e quella mediatica. Occorre rilanciare i diritti della buona politica, la sua indipendenza, la sua idoneità specifica a servire il bene pubblico, ad agire in modo da diminuire le disuguaglianze, a promuovere con misure concrete il bene delle famiglie, a fornire una solida cornice di diritti-doveri – bilanciare tutti e due – e a renderli effettivi per tutti. Il popolo, che si riconosce in un ethos e in una cultura propri, si attende dalla buona politica la difesa e lo sviluppo armonico di questo patrimonio e delle sue migliori potenzialità.
E sarà ancora “resistenza”, libertà dagli egoismi che ci intossicano, svegliati dalla indifferenza che corrompe, il nostro impegnarci a costruire quei ponti e quelle relazioni che costituiscono il vero “bene comune”, nella verità e nella giustizia.
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