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Monsignor Regattieri ai funerali di Giorgio Biguzzi: "Un missionario e un vescovo a servizio della Chiesa"

"Una persona che non si dimentica facilmente - dice il presule - una persona che lascia il segno, una persona davanti alla quale, alla fine, si è costretti a confessare: sono un privilegiato per averlo incontrato, per averlo conosciuto, per averlo ascoltato...". La sorella Lina, "Conoscendo padre Giorgio avrebbe detto: benvenuti alla festa". La fotogallery

Monsignor Regattieri ai funerali di Giorgio Biguzzi: "Un missionario e un vescovo a servizio della Chiesa"

Gremito di fedeli il santuario dedicato al Sacro Cuore, oggi pomeriggio, per il funerale di monsignor Giorgio Biguzzi, cesenate, classe 1936. Concelebrano l’arcivescovo di Ravenna-Cervia, Lorenzo Ghizzoni, il vescovo di Forlì-Bertinoro, Livio Corazza, il missionario saveriano e amministratore apostolico della diocesi di Makeni (Sierra Leone) il vescovo Natale Paganelli, il padre abate di Santa Maria al Monte di Cesena, Mauro Maccarinelli. 

Tra i fedeli sono presenti il vicesindaco di Cesena, Christian Castorri, l’assessore Camillo Acerbi e l’ex assessore Ines Briganti. Presente anche il gonfalone del Comune. 

Il vescovo emerito di Makeni (Sierra Leone) è deceduto il primo luglio all'ospedale di Parma dove era ricoverato da qualche tempo. A Parma si trova la casa madre dei missionari saveriani, ordine cui apparteneva il vescovo Biguzzi. (cfr pezzi in "Leggi anche").

Il rito funebre è presieduto dal vescovo di Cesena-Sarsina, monsignor Douglas Regattieri che nell'omelia tratteggia diverse caratteristiche dell'uomo, del missionario e del vescovo lungo il percorso delle opere da lui realizzate. Opere di umanità, di educazione, di evangelizzazione e di prossimità. "Una persona che non si dimentica facilmente - dice il presule - una persona che lascia il segno, una persona davanti alla quale, alla fine, si è costretti a confessare: sono un privilegiato per averlo incontrato, per averlo conosciuto, per averlo ascoltato...".

Di seguito pubblichiamo l'omelia integrale che il vescovo Douglas Regattieri sta pronunciando in questo momento.

  1. 1.  La fede e le opere

Amo pensare a monsignor Giorgio – e penso di interpretare il pensiero di tanti - come a una persona il cui tratto resta impresso nel cuore, una persona che non si dimentica facilmente, una persona che lascia il segno, una persona davanti alla quale, alla fine, si è costretti a confessare: sono proprio stato fortunato per averlo incontrato, per averlo conosciuto, per averlo ascoltato…   

Grazie alla Parola di Dio che abbiamo ascoltato noi possiamo ripercorrere la sua vita rendendo lode a Dio per il bene da lui seminato attraverso le innumerevoli opere che ora lo seguono. Il testo dell’Apocalisse ce l’ha ricordato: Udii una voce dal cielo che diceva: "Scrivi: d'ora in poi, beati i morti che muoiono nel Signore. Sì - dice lo Spirito -, essi riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono" (Ap, 14, 13). “Perché le loro opere li seguono"! Il Vangelo ha assicurato: Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi” (Gv 14, 3). Salito al cielo il Signore ha preparato per monsignor Giorgio un posto e ora il Signore è tornato per accompagnarlo ad occuparlo. E monsignor Giorgio è ritornato al Padre - ne siamo certi - con un bel paniere di opere buone che lo seguono. Ben inteso: non è la mia - né vuole essere - l’esaltazione della operosità umana fine a se stessa. Lo sappiamo bene quanto tale operosità in Mons. Giorgio fosse radicata in una fede tale da far scaturire dal suo cuore di padre e di pastore le innumerevoli opere pastorali. Le opere, cioè, furono per lui conseguenza e concretizzazione di una fede granitica in Cristo, di una fede rocciosa, come è stato scritto in questi giorni (Cfr L. Cafagnini, in Avvenire, 2 luglio 2024, p. 19).

Voglio elencare queste opere: non per lui, che non servirebbe a niente e nemmeno per ricordarle a Dio che le conosce molto meglio di noi, perché solo Lui sa cosa c’è nel cuore dell’uomo (Cfr Giovanni Paolo II, Omelia per l’inizio del pontificato, 22 ottobre 1978, n.5), ma le elenco per me, per noi, perché siano stimolo e sollecitazione a camminare verso il Regno e occupare anche noi un giorno quel posto che anche per noi il Signore ha preparato.

 

  1. 2.   Opere di umanità

Era lui, così, la sua persona, dotata di grande umanità. Un talento che il Signore gli aveva dato e che ha sfruttato - in senso buono - pienamente. Era sempre sorridente, positivo, gioioso, umano! Non ci si stancava di stare con lui. Aveva un’alta capacità di ascolto, di entrare in sintonia con le persone, coi problemi e anche se non li risolveva tutti, lasciava nel cuore di chi era andato da lui a parlarne pace, sicurezza, consolazione che altri non sarebbero riusciti a dare. In lui c’erano vero ascolto, tenace pazienza, sincera umiltà di chi vuol imparare piuttosto che insegnare.

 

  1. 3.   Opere di educazione

Il campo educativo fu il primo ad essere da lui dissodato: nei primi anni di sacerdozio fu destinato alla Circoscrizione degli Stati Uniti, dove vi rimase fino al 1973. Negli Usa ricoprì vari incarichi: vicerettore della comunità Saveriana di Franklin e Consigliere provinciale. Fu a Holliston dove ricoprì l’incarico di rettore e successivamente di Maestro dei Novizi. In Africa, poi, in Sierra Leone svolse l’incarico di rettore del Seminario Minore della Diocesi di Makeni (Sierra Leone) e allo stesso tempo, anche di vice regionale della Circoscrizione Saveriana della Sierra Leone. Fu Superiore Regionale. Nel 1983 è delegato all’ XI Capitolo Generale. Per un anno (1984) è parroco a Lungi. Poi un breve ritorno in Italia, ad Ancona, come direttore dei novizi e poi di nuovo in Africa. Svolse questi compiti educativi con intelligenza e intensa passione.

 

  1. 4.   Opere di evangelizzazione

Fu il campo della evangelizzazione in senso proprio, cioè missionario, a raccogliere tutto il suo impegno per ben 25 anni: dal 1987 al 2012: prima come missionario poi come vescovo di Makeni, avendo ricevuto l’ordinazione episcopale da san Giovanni Paolo II il 6 gennaio del 1987 in san Pietro. Qui come ben sappiamo, oltre all’impegno pastorale della guida della Diocesi si distinse per le sue capacità di mediazione e di dialogo, favorendo una pacificazione del paese dilaniato dalla guerra civile. Si occupò direttamente sia dei bambini coinvolti nelle Forze di Combattimento che dei bambini e delle bambine sottratti alle loro famiglie a causa della guerra. Denunciò apertamente l’orrore della ‘guerra dei diamanti’ e la diffusa corruzione. Il 6 maggio 1999 lanciò un appello alla pace dopo aver visto di persona i drammi della guerra e della fame che stavano colpendo la sua popolazione. Fu protagonista dell'accordo di pace siglato nel luglio del 2003 tra il presidente della Sierra Leone e il leader del Fronte Unito Rivoluzionario. In quel tempo furono rapite alcune sorelle Missionarie di Maria. Ricordo questo evento perché una di esse era una carpigiana e ricordo bene quei giorni in cui si parlava a Carpi di queste suore missionarie rapite e condotte nella foresta nella quale rimasero parecchio tempo. È noto a tutti che il rapimento si concluse con il rilascio delle Missionarie grazie alla sua mediazione. Monsignor Giorgio ricordava – sorridendo – che durante la detenzione delle suore riusciva a comunicare con loro, via radio, usando il dialetto romagnolo per non farsi intendere dai rapitori. Lui stesso – è bene ricordarlo – rimase prigioniero qualche giorno.

È il caso qui di ricordare anche – a conferma del suo impegno per le popolazioni africane -  che, rientrato in Italia dopo la rinuncia alla guida della Diocesi, nel 2014 fu protagonista del processo di riconciliazione nel Sud Sudan. Sono le sue parole: “Ho nel cuore la mia Chiesa di Cesena-Sarsina, ma voglio e desidero partire per il Sud Sudan. Per dare una mano, per mettermi a disposizione, per condividere le sofferenze dei vescovi, dei sacerdoti e di tutta la gente di questo nuovo paese africano… Mi sono chiesto cosa potevo fare io. Ho deciso di andare, per due mesi e mezzo, e di mettermi a disposizione dei vescovi locali…. Ho una certa esperienza dopo ciò che ho vissuto in Sierra Leone, anche nei momenti di guerra. Ma questo non significa che sappia più di altri. Mi metto al servizio della Chiesa” (Cfr Corriere Cesenate 33/2014, p. 12). Partì: aveva 78 anni.

Sono le opere più propriamente sacerdotali e missionarie che ora lo seguono, compiute da vescovo: la cattedra episcopale gli ha dato la possibilità di ampliare la sua passione missionaria su tutta la Diocesi, e anche fuori Diocesi in tutto il paese africano, moltiplicando le iniziative a favore dell’evangelizzazione. In una lettera al suo superiore nella circostanza della nomina episcopale, scrisse: “Carissimo P. Gabriele, il Signore, che sceglie le cose piccole e inutili per i suoi disegni, mi ha chiamato ad essere Testimone del Cristo Risorto nella Chiesa di Makeni. È un compito davanti al quale mi sento smarrito e che, tuttavia, vedo come una chiamata ad un servizio più generoso e ad un amore più intenso per Cristo e per i fratelli. Mi affido alla tua preghiera e a quella dei confratelli per poter rispondere a questa chiamata e vivere da vescovo con maggior radicalità quel carisma missionario che monsignor Conforti ricevette in dono da Dio per i suoi figli. Con l’ordinazione episcopale cambia il rapporto giuridico con la Congregazione, ma rimane intatta l’appartenenza spirituale e il legame affettivo che, proprio in questo momento, sento più forte e profondo. La Congregazione mi è stata madre amorosa nella vita sacerdotale e religiosa-missionaria. Intendo rimanere figlio affettuoso e devoto nel servizio “della causa che ci stringe in una sola famiglia” (Lettera al Superiore Generale p. Gabriele Ferrari, il 23 dicembre 1986).

Dunque le opere missionarie da lui compiute: creazione di cappelle, scuole e ospedali; opere che anche da qui, tornato in Italia, ha continuato a promuovere grazie alla collaborazione di tanti singoli, associazioni, in particolare della parrocchia di Villachiaviche e dell’amministrazione comunale di Cesena. Soprattutto l’opera che ora l’accompagna in paradiso è quella di essere stato con la gente, in mezzo al suo popolo. Promosse la nascita dell’Università Cattolica. Infine la sua volontà di essere sepolto a Makeni, tra la sua gente: se qualche problema questo lo ha creato a noi, tuttavia questo sacrificio sarà ripagato ampiamente dalla gioia grande che esploderà - ne sono certo - secondo lo stile africano, quando la salma giungerà a Makeni. Sarà una festa grande per quella gente riaverlo vicino. Come è stato lui con loro: Vicino. Presente.

Rientrato in Diocesi dopo aver rinunciato alla guida di Makeni, dapprima fu destinato alla Circoscrizione Saveriana dell’Italia dove svolse vari servizi: ministero pastorale a Brescia, rettore della comunità di San Pietro in Vincoli e ministero pastorale. A motivo della sempre più precaria salute, risiedette quasi per un anno intero presso la casa di cura “Fraternità San Lorenzo” di San Pietro in Vincoli. Ma con Makeni sempre nel cuore! Non si comprenderebbe infatti la sua decisione di ritornare nella sua Diocesi africana in occasione dell’ordinazione episcopale di monsignor Bob Jhon Hassan Koroma, da lui consacrato prete; andò, dall’Italia, nonostante le precarie condizioni di salute, in carrozzina. Disse lui stesso: “È una pazzia, ma vado”. Il 29 aprile 2024, come da sua richiesta, venne destinato alla Comunità Saveriana del IV Piano della Casa Madre, da dove, lunedì 1° luglio, è partito per l’ultimo viaggio verso il paradiso.

 

L'anello di monsignor Biguzzi indossato dal vescovo Regattieri

L'anello di monsignor Biguzzi indossato dal vescovo Regattieri

  1. 5.  Opere di prossimità

Infine lo seguono in paradiso quelle opere che io definisco di prossimità. Opere di prossimità soprattutto verso la nostra Chiesa di Cesena-Sarsina. La sentiva come la sua Chiesa, dove è stato generato alla fede e dove è nata la sua vocazione missionaria. Opere di prossimità perché era sempre presente – fino a quando la salute glielo permise - ai momenti principali della vita della Diocesi. Opere di prossimità perché quando con un po’ di trepidazione andai a San Pietro in Vincoli per chiedergli di svolgere il difficile e delicato servizio di Commissario per la Piccola Famiglia della Risurrezione, quasi quasi non mi lasciò terminare di parlare e mi disse: se è la mia Chiesa che me lo chiede, non posso tirarmi indietro! Opere di prossimità, infine, perché ha avuto, proprio solo qualche mese fa, il delicato e tenero pensiero di consegnare alla Diocesi il suo anello episcopale più prezioso: quello che durante l’ordinazione in san Pietro gli mise al dito san Giovanni Paolo II: prezioso perché carico di ricordi! È l’anello che ora io, in questa circostanza, indosso e che sarà collocato, subito dopo la celebrazione esequiale, nel nostro museo diocesano a perenne memoria di un vescovo – come tutti lo vogliamo ricordare - buono, simpatico, zelante, umile, dedito totalmente agli interessi del Regno di Dio nel mondo, innamorato della sua gente africana e, al tempo stesso, innamorato pazzo del suo Signore Gesù che ora nel gaudio eterno contempla finalmente faccia a faccia (Cfr 1Gv 3, 2).

Qui di seguito un momento della celebrazione in corso (foto Pier Giorgio Marini)

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Aggiornamento delle 18,10

In avvio di celebrazione, il vescovo Douglas Regattieri ha salutato la sorella di monsignor Biguzzi, Lina, i nipoti e i parenti tutti, il padre superiore dei saveriani, Alfredo Turco, il vescovo di Forlì monsignor Livio Corazza, l'arcivescovo di Ravenna, Lorenzo Ghizzoni.

Quindi il presule ha ricordato la parrocchia di Martorano, con don Andrea Budelacci, "la sua parrocchia", ha precisato, e il vescovo Natale Paganelli per 11 anni amministratore apostolico della diocesi di Makeni (Sierra Leone), l'abate del Monte, dom Mauro Maccarinelli.

Un ricordo particolare il vescovo Douglas l'ha avuto per l'Amministrazione comunale per le opere realizzate in Sierra Leone a sostegno di monsignor Biguzzi, con la collaborazione anche della parrocchia di Villachiaviche allora guidata da don Marino Budelacci. 

Al termine della celebrazione, la sorella Lina è salita all'ambone per esprimere il suo grazie e quello della famiglia ai presenti. "Conoscendo padre Giorgio - ha aggiunto - avrebbe detto: benvenuti alla festa". Quindi ha riservato un grande abbraccio al popolo della Sierra Leone e in particolare a quello di Makeni. Un grazie anche ai padri di San Pietro in Vincoli "che conosciamo dal 1957, quando mio fratello entrò in noviziato".

Infine un "grazie al Signore - ha proseguito Lina - per essere stata accanto a mio fratello, giorni pieni di grazia non solo per me, ma per tanti".

Il superiore regionale dei saveriani, padre Alfredo Turco, ha fatto presente che in mattinata, a Parma, nella loro casa-madre, è stata lettera una lettera del cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, dopo la quale avremmo potuto dire "santo subito". "Porto con me - ha precisato - la definizione di moderatore di pace. Il vescovo Douglas oggi pomeriggio l'ha definito un innamorato pazzo di Gesù Cristo. Sì, noi saveriani, siamo pazzi per la missione. Abbiamo questa pazzia per l'annuncio che potrebbe suonare come folle: fare del mondo una sola famiglia". 

***

Prima della fine della liturgia funebre, il parroco don Andrea Budelacci ha reso noto che le offerte raccolte andranno in favore del seminario diocesano di Makeni. 

Di seguito pubblichiamo la fotogallery dei funerali a cura di Pier Giorgio Marini.

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