Editoriale
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Sguardo globale

Da una fine all’altra dello stesso mondo. Si può condensare così il viaggio che papa Francesco ha iniziato lunedì scorso in Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor Est e Singapore. Si tratta dell’itinerario più impegnativo dell’intero pontificato, affrontato da Bergoglio a 87 anni, in due continenti e a contatto con Paesi dove i cristiani sono chiamati ogni giorno a confrontarsi con altre religioni, quella musulmana su tutte

Sguardo globale

Da una fine all’altra dello stesso mondo. Si può condensare così il viaggio che papa Francesco ha iniziato lunedì scorso in Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor Est e Singapore. Si tratta dell’itinerario più impegnativo dell’intero pontificato, affrontato da Bergoglio a 87 anni, in due continenti e a contatto con Paesi dove i cristiani sono chiamati ogni giorno a confrontarsi con altre religioni, quella musulmana su tutte.

Papa Francesco ci ha abituati a iniziative che provocano sin dall’annuncio. «Usciamo, usciamo», si legge nella Evangelii gaudium, l’esortazione che è il documento programmatico del suo impegno apostolico. Fedele a questo suo invito, Bergoglio non si tira indietro nonostante l’avanzare dell’età e gli accresciuti acciacchi di salute.

Avverte addosso una missione da compiere e a quella dà corpo, senza risparmiarsi.

Dall’Argentina a Roma, un cambio epocale per le atmosfere ovattate in cui si vive nella Santa Sede romana. Il Papa sudamericano, gesuita senza peli sulla lingua, è stato un terremoto per molti che calpestano i corridoi vaticani. Fino a oggi non ha avuto timori, anche se le resistenze sono numerose e investono ampi strati della gerarchia e uomini e donne cui lo stesso Pontefice ha riposto fiducia incondizionata.

Ora il viaggio da Roma fino all’Oceania. Mimmo Muolo, su Avvenire di martedì scorso ha definito il percorso della Fratelli tutti per i temi che, con buona probabilità, papa Francesco affronterà, tenuto conto del contesto in cui si troverà a dialogare. A Giacarta firmerà una dichiarazione che ricalca il documento di Abu Dhabi sulla Fratellanza umana, per «ribadire che la violenza in nome di Dio è una bestemmia». Ci sarà attenzione per l’ambiente, per l’attentato alle risorse naturali che in quell’area del globo risulta evidente anche dall’innalzamento del livello degli oceani. Infine il ruolo dei cristiani, forte maggioranza a Timor est, minoranze in Indonesia e Singapore, «fattore di stabilizzazione e di pace dove sono presenti», come nota il vaticanista.

Francesco non teme il confronto. Cerca alleati, anche nelle altre religioni, sulle orme del santo di cui porta con orgoglio il nome. Va agli estremi confini, geografici ed esistenziali. E chiede di andare a ogni credente in Cristo. Spinge sull’acceleratore di una fede che si fa compagna di viaggio agli uomini del proprio tempo, come venti secoli fa.

Dalla strada per Emmaus fino all’altra parte del mondo.

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