La transizione “emerging adulthood”

Negli anni 2000, lo psicologo americano Jeffrey Arnett ha individuato un periodo di sviluppo, compreso tra i 18 e i 29 anni, caratterizzato dalla percezione di non essere né adolescenti né adulti. Questo periodo viene denominato "emerging adulthood" (età adulta emergente) ed è una fase di transizione fondamentale. Il processo di soggettivazione, che inizia alla nascita e continua per tutta la vita, trova in questa fase specifica un momento cruciale per la formazione di progetti personali e professionali, indispensabili per trovare un proprio modo di essere nel mondo. Sebbene la soggettivazione sia un obiettivo che riguarda tutta la vita, essa è particolarmente rilevante in questa fascia d'età.

I giovani adulti emergenti, dopo aver superato le trasformazioni adolescenziali – biologiche, psicologiche e relazionali, devono prendere decisioni significative che riguardano l'autonomia, la vita affettiva e sessuale, la carriera. Attraverso queste scelte, essi definiscono la propria identità e completano il processo di soggettivazione iniziato nell'adolescenza.

La ricerca identitaria rappresenta il filo conduttore dell'emerging adulthood. I giovani sono chiamati a progettare il proprio futuro e a confrontarsi con le proprie caratteristiche, potenzialità, capacità, ma anche con i limiti e le fragilità del proprio sé. Questa fase della vita è particolarmente delicata e la situazione di instabilità può favorire l'insorgenza di psicopatologie o blocchi che segnalano la presenza di nuclei irrisolti formatisi durante la crescita. Questi nuclei possono essere il risultato di esperienze avverse infantili o dell'incompiutezza del processo di soggettivazione adolescenziale.

L’emerging adulthood richiede l'elaborazione di nuove rappresentazioni del sé per raggiungere una maggiore integrazione e un consolidamento dell'Io. La creazione di una nuova identità integrata e stabile è essenziale per affrontare con successo le sfide future e l'adultità.