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Ayrton Senna, Gianmaria Zanotti: "Ho tutte le foto stampate nella mia mente"

Il ricordo del fotoreporter del "Corriere Romagna" a Imola l'1 maggio di 30 anni fa

Ayrton Senna durante le prove del fine settimana a Imola (foto Gianmaria Zanotti)

Era lì, alla tristemente famosa curva del Tamburello all’autodromo "Enzo e Dino Ferrari" di Imola. Il primo maggio del 1994 Gianmaria Zanotti, oggi fotoreporter per il Corriere Romagna, assistette al terribile incidente che coinvolse Ayrton Senna e ne causò la morte.

Il ricordo è ancora molto vivido nonostante siano passati 30 anni. “La mattina dovevo essere al circuito per le 9 - ci racconta -. Un amico mi doveva far entrare in tribuna e ne ero felice perché avrei visto finalmente la partenza di un Gp di Formula 1 (quello di San Marino, ndr)”. Invece qualcosa andò storto, “era mezzogiorno ed ero ancora a letto. Feci una corsa furiosa per prendere il primo treno e dopo un’ora arrivai in stazione a Imola”. Ad aspettarlo c’era il conoscente che “arrabbiato per il ritardo mi fece salire subito in auto e mi accompagnò al circuito”. Il risultato non fu quello sperato perché la stragrande maggioranza dei tifosi era già al proprio posto e “non riuscii ad entrare in tribuna. Per parecchio tempo cercai un posto alternativo dove vedere la pista. Incredibilmente lo trovai e rimasi stupito perché oltre a me c’erano solamente una dozzina di persone”.

Il motivo è presto detto, “al Tamburello le vetture passano oltre i 200 chilometri orari e delle monoposto si fatica a vederne il colore”. Lo scorrere degli eventi è limpido e “il Gran Premio partì. Dopo il primo passaggio capii che non avrei visto nulla, così mi presi qualche minuto per decidere se restare o andare in un’altra parte del tracciato”. Attimi decisivi perché alle 14,17 “sentii un botto secco tra il rumore dei motori che sfilavano via. Mi affacciai alle reti di protezione e vidi una Williams schiantata in mezzo alla pista, a meno di 50 metri da me. In pochi secondi l'ammasso di rottami venne circondato dagli addetti al soccorso vestiti in tuta arancione fluorescente. Riconobbi la vettura: apparteneva ad Ayrton Senna”.

Gli attimi si fecero concitati: “dietro di me arrivò una moltitudine di persone incuriosite. Vidi un fotografo professionista tirare una Canon con un teleobiettivo bianco a uno spettatore e urlare "fammi delle foto... fammi delle foto!" Io avevo una modestissima Olympus, prestata da mio zio perché aveva un 200 mm. All’epoca ero ancora inesperto e ricordo la carica del rullino manuale”. Un dettaglio non di poco conto al termine di questa storia, ma intanto “iniziai a scattare pure io. Avevo 36 foto a disposizione. Ricordo ancora gli scatti. L’atmosfera fu surreale: nessuno parlava, un soccorritore salì sul cofano motore, passò sotto le ascelle di Senna delle cinghie e altri lo sollevarono estraendolo dall'abitacolo in pochissimi secondi”.

La situazione era disperata: “il pilota non si mosse mai. Il casco gli penzolava sul petto. Lo tennero fermo due infermieri, gli aprirono la tuta, tagliarono la maglietta e attaccarono gli elettrodi sul petto. A quel punto mi girai alla mia sinistra e vidi comparire un elicottero. Non mi accorsi del suo arrivo. Continuai a scattare centinaia di foto, il rullino non finiva mai. Caricato a bordo Senna, l'elicottero partì in volo”. Non ci fu nulla da fare: l’asso brasiliano della F1 spirò alle 18,40 all’ospedale Maggiore di Bologna, senza aver mai ripreso conoscenza. Se ne andò a soli 34 anni.

“I miei ricordi ricominciano sul treno per Cesena - conclude Zanotti - con le mie mani che riavvolgevano con troppa facilità il rullino. Aprii lo sportello del dorso e mi accorsi che il rullino non era mai avanzato nel meccanismo. Le foto scattate non erano state impresse sulla pellicola! Le ho ancora oggi tutte stampate nella mia mente. Non importa non averle materialmente, non cambia nulla”.

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